Amicizia e lealtà sul lavoro

In questo post riflettiamo su valori che incidono in modo determinante sul clima lavorativo e sull'affiatamento del team: lealtà, amicizia e riservatezza. Tutti saranno d'accordo che questi valori sono fondamentali, ma spesso pur con tutta la buona volontà, paradossalmente il comportamento dei titolari porta i dipendenti a pensare che in pratica non siano veramente importanti nella routine quotidiana: nei casi più gravi, ci sono addirittura consuetudini "non scritte" (spesso in seguito a episodi che non sono stati gestiti nel modo più efficace) che possono indurre i dipendenti a comportarsi nel modo esattamente opposto a quello desiderato.

Photo by Ben White / Unsplash

Il problema pratico da "risolvere"

Proviamo a immaginare (non c'è nemmeno da sforzarsi tanto 🤗 ) di trovarci nel nostro studio nella seguente situazione, che esponiamo dal punto di vista delle persone coinvolte:

  1. PRIMA ASSISTENTE: "Sono molto grata alle mie colleghe più esperte, perché mi rendo conto di avere molto da imparare e la loro disponibilità a insegnare è fondamentale, anzi sono contenta che si creino occasioni di stare insieme e poter scambiare due parole, confidandoci vicendevolmente. Oggi una mia collega, rispondendo ad alcune mie domande su retribuzioni e orari, mi ha detto che in studio si lavora male, che il clima è brutto e non si viene pagati abbastanza e mi ha messo in guardia contro certe colleghe che si fingono amiche per poi riportare tutto al titolare: sono in forte imbarazzo, perché da una parte mi ha risposto in confidenza, ma dall'altra se ciò che mi ha detto fosse vero sono molto in dubbio di voler rimanere in un posto dove non mi sembra vero accada quello che mi è stato detto, ma sono nuova e non so che pesci pigliare... Se non ne parlo con il titolare io per prima non rispetto i valori di trasparenza e lealtà che vorrei nei miei confronti, ma se parlo rivelo qualcosa che la mia collega mi ha detto in confidenza..."
  2. SECONDA ASSISTENTE: "Passo molto tempo lavorando con le mie colleghe, spesso in mansioni dove è possibile trovarsi in coppia (esempio, sterilizzazione a fine giornata); inizio a scambiare due parole, gli argomenti diventano sempre più personali finché sento di potermi confidare, esprimendo quello che provo anche a proposito del mio lavoro, sicura che il rapporto creato garantirà la riservatezza di quanto ho confidato a una amica. Invece, il titolare è venuto a sapere tutto quanto avevo detto in confidenza; mi sento tradita, perché pensavo di potermi confidare liberamente, senza che venisse riportato..."

🤔 Se tu fossi il titolare, come ti comporteresti?

Photo by Amy Tran / Unsplash

Le reazioni più frequenti da parte dei titolari

Riporto qui le reazioni più frequenti, naturalmente lo spettro di possibili reazioni è infinito, dunque l'elenco è tutt'altro che esaustivo.

A) Negazione / frustrazione: il titolare si risente di quanto viene riportato, perché giudica i dipendenti ingrati per non aver saputo apprezzare i sacrifici e l'impegno che mette per garantire un posto di lavoro a tutti; nella migliore delle ipotesi cova un risentimento che esprime "indirettamente" vivendo male nel suo stesso studio, nella peggiore delle ipotesi "sfoga" la propria frustrazione sui dipendenti, revocando benefit o inasprendo regole e controllo. Altre varianti di questa reazione in senso radicale sono: lettere di richiamo, punizioni, fino ad arrivare al licenziamento. Varianti nella direzione di tolleranza e comprensione: il titolare si rifiuta di dare ascolto ai "pettegolezzi" e addirittura scoraggia esplicitamente dal riportarli, si concordano regole per tenere fuori dal lavoro i problemi relazionali/personali, "dipingendo" il lavoro come ambiente "neutrale" in cui i conflitti non vengono affrontati, perché l'importante è raggiungere il risultato "tecnico".  In qualsiasi caso, questi comportamenti porteranno ancora più insoddisfazione nel team e timore di parlare dei problemi, che usciranno comunque attivamente sotto forma di lamentele, mormorazioni e mugugni espliciti o passivamente (il dipendente "bollacartellino" che fa il minimo indispensabile e non si sente per nulla coinvolto nel team, anzi può paradossalmente "boicottare", anche senza volere, il lavoro dell'intero team).

B) Velleità di cambiamento: il titolare è disponibile all'ascolto, per approfondire la questione e capire quali sono i problemi di fondo che hanno portato a questo episodio, usando anche empatia per mettersi nei panni dei dipendenti. Ciononostante, non vengono presi provvedimenti e, dopo un breve periodo in cui questo chiarimento può produrre un temporaneo miglioramento del clima, tutto torna come prima (anzi forse peggio), perché il messaggio passato è che ogni comportamento viene accettato e compreso, ma in realtà non ci sono conseguenze, nè negative (correzione dei comportamenti scorretti) nè positive (impegno concreto per migliorare il clima aziendale): questo alla lunga porta a demotivazione e a cercare altre valvole di sfogo, simili a quelle del caso A.

C) Ascolto e volontà di cambiamento: il titolare si comporta come nel caso B per quanto riguarda ascolto e volontà di ricercare la causa profonda del problema; contemporaneamente intraprende (da solo o con l'aiuto di consulenti) percorsi per migliorare il clima aziendale e permettere la libera espressione del malessere (qualora qualche membro del team lo provi), in un'ottica di critiche costruttive e aperte, che permettano un confronto, un chiarimento reciproco e, se necessario, un ripensamento e un miglioramento di ciò che impedisce al team di lavorare serenamente e per il bene di tutti.

Photo by Olav Ahrens Røtne / Unsplash

Come affrontare la questione oggettivamente

In realtà nessuna di queste reazioni affronta la situazione specifica: concentrarsi su una visione più ampia è doveroso e utile, ma non sufficiente a evitare che il problema si ripresenti in futuro. Quando ci si trova a dover affrontare dilemmi sui valori, occorre sempre ragionare prima a livello teorico, chiedendosi se la questione è impostata nel modo corretto; in caso contrario, può sembrare che entrambe le parti adducano motivazioni condivisibili e si rimane in stallo, come se tutti avessero ragione.

Questi problemi, in cui entrambi i punti di vista apparentemente sembrano ragionevoli e verosimilmente degni, sono ben conosciuti in ambito filosofico e dialettico. Le tecniche avanzate di comunicazione e di pubbliche relazioni ci "giocano" letteralmente, per poter presentare come positivo qualcosa che non lo è o viceversa.Si basano sull'usare un termine "chiave" in due significati differenti: in un caso è usato propriamente, nell'altro si gioca sull'equivoco.

Soluzione del problema

In questo caso abbiamo usato il termine "CONFIDENZA", che richiama i valori della lealtà, dell'amicizia e della riservatezza che ci si attende dalle persone con cui ci si confida, a cui si "affidano" il proprio cuore e i propri sentimenti; perciò se la persona riporta la nostra confidenza, ci sentiamo traditi e la riteniamo "infedele" e scorretta.

Il fatto è che il termine "CONFIDENZA" presuppone l'AMICIZIA, la quale si basa sulla VERITA' e sulla LEALTA'; affinché una confidenza sia degna di essere tenuta riservata deve rispondere a tre requisiti:

  1. deve essere vera, altrimenti non è più una confidenza, ma diventa una MALDICENZA: se inizio a parlar male di altre persone, sfruttando il fatto che il mio amico non riporterà la cosa, sto comunque danneggiando l'amico nel dipingergli altri (in questo caso il titolare e/o il posto di lavoro) come non degni di rispetto, amicizia e lealtà; se poi la cosa è strumentalizzata o falsa, assume una maggiore gravità nella malizia di chi la "confida"
  2. non deve contenere potenziali danni per altre persone, altrimenti non è più una confidenza, ma diventa una richiesta di COMPLICITA': immaginiamo che io sappia in "confidenza" che un mio amico vuole uccidere qualcuno: se non lo riporto e non faccio nulla per impedirlo, sono amico o complice?
  3. non deve mettere chi riceve la confidenza nella situazione di dover scegliere a chi essere leale: in questo caso il ragionamento è più sottile, perché un vero amico non ti metterebbe nella condizione di operare in modo SLEALE nei confronti di chiunque altro, quindi di venire meno ai tuoi principi, disprezzando te stesso...
Photo by Nikita Kachanovsky / Unsplash

Obiezione: dunque non si può mai criticare?

Un conto è criticare costruttivamente per il bene del prossimo, un conto è gettare fango danneggiando il prossimo con falsità e strumentalizzazioni.

Nulla giustifica la calunnia, la maldicenza e il tentativo di coprirle ricorrendo a valori come "amicizia, riservatezza e confidenza", che nulla hanno a che spartire con chi per primo non se ne rende degno operando in modo scorretto e sleale. Il comportamento di chi si rende colpevole (la parola è appositamente scelta) di maldicenza NON è giustificabile NEPPURE se fosse stato trattato male dall'intera comunità in cui è inserito: una persona che ha dignità, se si rende conto di subire ingiustizie ne parla ai responsabili; se non ottiene giustizia, abbandona quel gruppo e/o se la cosa costituisce una violazione contro la legge, si rivolge agli organi preposti.

Una persona leale, trasparente e dignitosa si comporta in modo da onorare i valori in cui crede e non si nasconde dietro una "confidenza" maliziosa: tutte le altre considerazioni sono parole e/o scuse per giustificare una propria scorrettezza e non meritano considerazione e scrupoli nel mantenere segrete certe "confidenze" da parte delle persone oneste, siano dipendenti o titolari.

Conclusione

Occorre fare sempre molta attenzione quando si usano le parole, perché i concetti che esprimono fanno propendere anche il nostro giudizio morale su una situazione. Usare i termini giusti nelle situazioni giuste è fondamentale:

  • CONFIDENZA indica una condivisione dei propri sentimenti, aspirazioni, opinioni, paure... basate certo sul proprio punto di vista, ma senza malizia o volontà di coinvolgere un amico in situazioni potenzialmente dannose per sé o per altri. La confidenza si fa a un amico e richiede SEMPRE lealtà e riservatezza!
  • COMPLICITA' indica il desiderio di coinvolgere un'altra persona nel proprio comportamento scorretto, sfruttando la sua connivenza e l'omertà; non c'è quindi alla base nessuna amicizia e nessuna riservatezza, anche se fa comodo usare questi termini per "legare" l'altra persona e metterla di fronte a un dilemma, che in realtà non c'è: quando si viene a conoscenza di qualcosa di malvagio, dannoso o potenzialmente pericoloso è un DOVERE morale riferirlo a chi ha il potere di intervenire.
Photo by Morgan McDonald / Unsplash

I valori di TRASPARENZA e LEALTA' devono sempre essere alla base di ogni team: quando si accetta — anche con buone intenzioni — l'omertà e che le persone si "coprano" a vicenda anche quando assistono a un comportamento contrario ai valori aziendali, i nodi torneranno prima o poi al pettine: quando meno lo si aspetta e solitmaente nel momento meno opportuno, si innescheranno crisi e problemi ben maggiori di dover allontanare prontamente dal team chi si comporta in modo scorretto (su questo argomento, molto complesso, torneremo in seguito con post dedicati, per capire come farlo in modo etico e totalmente rispettoso delle leggi, a riguardo molto restrittive nel nostro paese).

Anche nella migliore delle ipotesi, avendo impostato una cultura aziendale che condivide, rispetta e vive questi importanti valori, potrebbe verificarsi il caso di qualcuno che, non volendo o non potendo viverli, "sputa nel piatto dove mangia"; in questo caso però, se il team è compatto e fortemente allineato sui valori, chi non li rispetta viene presto individuato, isolato e, nella maggior parte dei casi, lascia spontaneamente il team, rafforzandolo nella convizione che i valori condivisi siano imprescindibili per farne parte.

Si tratta di un lavoro molto impegnativo, ma i risultati sono stupefacenti, perché a regime creano un "sistema immunitario" che reagisce autonomamente per proteggere l'armonia e l'unità del team: il lavoro del titolare per impostare insieme al suo team un set di valori condivisi, sulla base dei rispettivi obiettivi professionali e lavorativi, è di gran lunga il miglior investimento di tempo e di risorse, soprattutto nel medio-lungo periodo. Nulla ripaga così tanto su ogni livello, personale, organizzativo ed economico: creare valore basandosi sui valori 🤩

Corso odontoiatria di valore
Un corso teorico-pratico tenuto dai soci e dal personale della Clinica per condividere le strategie che portano al successo